CSR MAGAZINE
27 Agosto 2025
Sostenibilità d’impresa negli USA: meno parole, più azione
L’87% delle aziende USA ha mantenuto o aumentato gli investimenti in sostenibilità A dirlo è lo studio di EcoVadis “2025 U.S. Business Sustainability Landscape Outlook: Executive Perspectives on Supply Chain Disruption, Resilience and Competitiveness”.
Tuttavia, questi investimenti sono gestiti con riservatezza, senza grande esposizione mediatica o dichiarazioni pubbliche. Una strategia silenziosa ma concreta, che riflette una visione evoluta della sostenibilità: non più intesa come strumento di immagine, bensì come leva di competitività e di resilienza operativa.
Il report, basato sulle opinioni di 400 dirigenti di aziende USA con ricavi superiori al miliardo di dollari nei settori industriale, consumer, tecnologico e dei servizi, evidenzia una tendenza netta: il 31% dei decisori aziendali dichiara di aver aumentato gli investimenti ESG pur riducendo deliberatamente la comunicazione esterna sul tema. In un contesto politico e culturale spesso polarizzato, dove l’amministrazione statunitense in carica ha mostrato più volte scetticismo verso le politiche ambientali, molte imprese scelgono di agire piuttosto che raccontare.
La sostenibilità, insomma, viene integrata nei processi core del business, come asset operativo e non solo reputazionale. Il 65% dei dirigenti intervistati considera la sostenibilità della supply chain un chiaro vantaggio competitivo. Per il 62%, l’impegno complessivo in ambito ESG rappresenta uno strumento strategico per attrarre e fidelizzare i clienti, e persino tra i CFO, solitamente più legati alla performance economica che a quella ambientale, il 52% riconosce nella sostenibilità un driver di crescita a tutti gli effetti.
Un segnale chiaro arriva anche dalla crescente adozione di tecnologie per colmare i gap nella raccolta dei dati ESG: il 57% delle imprese utilizza già piattaforme di mappatura dei rischi e l’89% prevede di aumentare gli investimenti digitali nei prossimi 12 mesi. Un’evoluzione che risponde anche alle richieste delle banche, sempre più attente alla qualità dei dati ESG come condizione per concedere credito, valutare partnership e finanziare l’innovazione sostenibile.
Tuttavia, a questo impegno interno corrisponde una situazione normativa complessa. Il panorama regolatorio, sia negli Stati Uniti che nell’Unione Europea, presenta elementi di incertezza. Il Pacchetto Omnibus UE, le direttive come la CSRD e il CBAM, la SB-253 in California e il Modern Slavery Act in Canada delineano un sistema frammentato e in continua evoluzione, che rende difficile una compliance efficace. Solo il 13% delle aziende coinvolte nell’indagine risulta attualmente allineato a tutte e quattro le normative citate. Il 19% non ha ancora iniziato a raccogliere dati ESG dalla propria catena di fornitura, mentre fino al 15% adotta una posizione attendista, sperando in futuri rinvii delle scadenze.
In questo scenario incerto, per le aziende USA l’investimento nella sostenibilità smette di essere una questione di visibilità e diventa una strategia difensiva e, allo stesso tempo, un vantaggio competitivo silenzioso ma concreto. Il rischio ora non è l’assenza di impegno, ma che la mancanza di comunicazione e trasparenza sugli sforzi di sostenibilità delle aziende d’oltreoceano alimenti sfiducia e ambiguità. Per questo, nei prossimi anni, sarà fondamentale trovare un equilibrio tra discrezione operativa e accountability pubblica.
4 Settembre 2025