CSR MAGAZINE
12 Ottobre 2021
Overshoot day – l’esaurimento delle risorse rinnovabili
In un contesto come quello odierno in cui in tema di cambiamento climatico, impatto ambientale e sfruttamento delle risorse si sente spesso dire: “non c’è più tempo” o ancora: “ci stiamo avvicinando al punto di non ritorno”, dare una datazione concreta a questo tipo di affermazioni può essere molto importante e, forse, permettere di smuovere qualche coscienza.
In tal senso, prendere consapevolezza del concetto di Earth Overshoot day (EOD) potrebbe favorire un cambio di prospettiva non indifferente, tanto nel privato quanto nelle realtà lavorative, aziendali, amministrative e istituzionali.
Quando l’uomo ha esaurito le risorse della Terra
Traducibile con Giorno del superamento terrestre, o Giorno di sovraccarico della Terra, l’Earth Overshoot day indica il giorno nel quale l’umanità esaurisce le risorse rinnovabili che la Terra riesce a rigenerare in un anno. In pratica, è il giorno in cui ogni anno l’uomo inizia a essere in debito con il proprio pianeta.
Come facile immaginare, ormai da tempo la data non cade a ridosso della fine dell’anno. Se nel 1972, l’EOD era il 10 dicembre, nel 2021 è arrivato addirittura al 29 luglio, con ben 155 giorni di Overshoot, rispetto ai 21 di quarantanove anni fa. In pratica, se nel ’72 – anno in cui si è entrati in regime di overshoot – servivano 1.06 pianeti per soddisfare i bisogni dell’umanità, oggi si sta consumando quasi due volte quello che riesce a produrre la Terra.
Allo stato attuale sono, infatti, necessari ben 1.6 pianeti per stare al passo con il consumo di risorse rinnovabili. Provando a fare una stima, procedendo di questo passo, l’umanità arriverà a consumare il doppio di quanto la Terra produce intorno al 2030.
Come si calcola l’Earth Overshoot day
Calcolato dal Global Footprint Network (GFN), no profit di ricerca internazionale che si occupa di contabilità ambientale e della valutazione dell’impronta ecologica, l’EOD si basa su una serie di fattori e report redatti da diverse agenzie internazionali. Tra i fattori c’è, per esempio, la biocapacità della foresta amazzonica, ma anche le emissioni di carbonio derivanti dalla combustione di combustibili fossili, che costituiscono il 61% dell’Impronta Ecologica dell’umanità.
L’EOD si calcola dividendo la biocapacità annuale della Terra per l’impronta ecologica annuale dell’umanità, moltiplicato per il numero di giorni dell’anno preso in considerazione. L’Italia è tra i Paesi del mondo che presenta l’EOD nazionale più prossimo all’inizio dell’anno. Nel 2021, infatti, è caduto il 14 maggio.
Azioni per posticipare l’Earth Overshoot day
A livello globale c’è però la possibilità di invertire la rotta e la pandemia da Covid-19 lo ha evidenziato. Tra lockdown, smartworking e restrizioni negli spostamenti, nel 2020 si è consumato e inquinato di meno, preservato di più l’ambiente e posticipando di circa un mese (22 agosto) l’EOD 2020, con una riduzione di oltre il 9% dell’impronta ecologia dell’umanità tra l’inizio dell’anno e l’EOD.
Ma se il calo derivato dall’emergenza sanitaria si spera, per ovvie ragioni, che possa – purtroppo, per altrettanto ovvie ragioni – essere iscritto alla voce “unicum”, esistono molte soluzioni che possono portare a un miglioramento della situazione. C’è da premettere che un calo dei giorni di sfruttamento non si vedeva da dieci anni, ma come spiegato dal WWF, impegnandosi a ridurre la propria carbon footprint del 50% si riuscirebbe a posticipare di due mesi la data dell’EOD.
Tornare a crescere rispettando la Terra
In questo processo, serve chiaramente l’azione e il supporto di tutti, in primis, delle realtà industriali, che devono sempre più muovere verso una produzione sostenibile e consapevole. Ma è necessario anche l’intervento tempestivo e deciso delle istituzioni e le piccole accortezze che tutti noi possiamo attuare ogni giorno semplicemente con un po’ di buona volontà e coscienza. Anche perché, se c’è una cosa che la pandemia ci ha insegnato è che cambiamenti nel modo di consumare le risorse possono anche essere più rapidi e immediati di quello a cui siamo abituati a pensare.
E, allora, il cambio di prospettiva ipotizzato in apertura deve (e può) avvenire il prima possibile. Magari sfruttando le diverse opportunità nate dal terremoto della crisi sanitaria, cavalcando l’onda della trasformazione dell’intendere il lavoro, il fare azienda, la vita di tutti i giorni, attraverso pratiche più accorte, più sensibili e attente all’impatto ambientale, ma anche avendo il coraggio di investire oggi in pratiche green, capaci di generare valore a lungo termine e farci trovare pronti per le sfide del domani. Per tornare, finalmente, a crescere sulla base delle risorse che la nostra amata Terra può offrirci.