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Il Parlamento Europeo approva lo “Stop the clock”: ma cosa significa?

Il 3 aprile 2025, il Parlamento europeo è stato chiamato al voto per approvare il rinvio dell’applicazione della CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) e della CSDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directive), due delle disposizioni più rilevanti delle direttive europee sulla sostenibilità.

Questo voto, anche ridenominato, “Stop the clock”, è stato accompagnato da una larghissima maggioranza con 531 voti favorevoli, 69 contrari e 17 astenuti. Una maggioranza ancor più schiacciante del 1° aprile, con la quale il PE ha approvato la procedura d’urgenza (221 contrari).

Come si è arrivati a questa decisione?

Questo rinvio non è stato di certo improvviso, ma è nato da una serie di passaggi molto rapidi ma chiari:

  • 26 febbraio 2025: la Commissione europea presenta il pacchetto “Omnibus”, con l’obiettivo di semplificare le regole UE e ridurre il peso burocratico, soprattutto per le Piccole Medie Imprese. Tra le proposte principali c’è proprio il rinvio delle scadenze del CSRD e CSDDD.
  • 1 aprile 2025: il PE vota approva la procedura d’urgenza (427 voti favorevoli, 221 contrari e 14 astenuti) che ha permesso di accelerare l’esame del pacchetto, riducendo i tempi di discussione e rendendo possibile un voto tempestivo prima dell’entrata in vigore delle scadenze originarie.
  • 3 aprile 2025: il Parlamento europeo approva ufficialmente lo “Stop the clock” e il conseguente rinvio dell’applicazione delle direttive CSRD e CSDDD. L’attuazione delle nuove disposizioni sarà quindi più graduale, con tempi più realistici per le imprese.

L’idea di base è che un eccesso di complessità, possa ostacolare, anziché favorire, l’integrazione della sostenibilità all’interno delle aziende. Il rischio concreto era che molte aziende si trovassero impreparate per mancanza di tempo, risorse e linee guida.

Cosa succede ora?

“Lo stop the clock” è quindi un rinvio tecnico e allo stesso tempo una pausa strategica. Il voto del Parlamento europeo non annulla gli obblighi di sostenibilità, ma sposta più avanti nel tempo l’applicazione di alcune scadenze previste dalle direttive CSRD e CSDDD.

Ma vediamo più nel dettaglio.

CSDDD – Due Diligence: cosa cambia?

  • I Paesi UE avranno tempo fino al 2027 (non 2026) per trasporre le norme nella loro legislazione nazionale.
  • Le grandi imprese (oltre 5000 dipendenti e €1,5 miliardi di fatturato) dovranno applicare la direttiva dal 2028 (non dal 2027). La stessa data varrà anche per la seconda fascia di aziende (oltre 3000 dipendenti e €900 milioni di fatturato).

CSRD – Rendicontazione: cosa cambia?

  • Le grandi imprese (oltre 250 dipendenti e €40 milioni di fatturato) che dovevano iniziare a rendicontare nel 2026 (seconda ondata della CSRD) lo faranno a partire dal 2028.
  • Le PMI quotate, inizialmente previste per il 2027, dovranno applicare la direttiva nel 2029, con report riferito al 2028.

Ovviamente, le aziende già soggette alla CSRD dal 2024 non sono interessate al rinvio e dovranno presentare la rendicontazione nei tempi previsti.

Il prossimo passo sarà l’adozione formale da parte del Consiglio dell’UE, che dovrebbe avvenire senza intoppi. Per l’Unione Europea, lo “Stop the Clock” non cambia la direzione e la sostenibilità continuerà a rimanere pilastro centrale delle politiche europee. Questa non è una pausa, ma un’opportunità per fare chiarezza, semplificare le regole e aiutare le imprese a non affrontare questa transizione in modo affrettato e controproducente.

kore

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