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Gender equality: la certificazione della parità di genere sul posto di lavoro

Previsto dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il sistema nazionale di certificazione della parità di genere si pone l’obiettivo di monitorare le condizioni lavorative di uomini e donne e, al contempo, diffondere una maggiore consapevolezza e cultura sulle questioni di genere, con particolare riguardo all’occupazione femminile e alla riduzione del gender gap.

Lo standard di riferimento

La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri sulla Certificazione della parità di genere dello scorso primo luglio 2022 conferma l’UNI/PdR 125:2022 come prassi di riferimento a cui le imprese sono chiamate a rispondere per ottenere la certificazione in tema di gender equality.

Redatto dall’Ente italiano di certificazione (UNI) in seguito al Tavolo di lavoro sulla certificazione di genere delle imprese coordinato dal Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, il quadro di riferimento indica specifici indicatori di performance (Kpi) suddivisi in sei aree con differente peso percentuale nel computo della valutazione complessiva, da soddisfare nel 60% del totale per ottenere la certificazione:

1. Cultura e strategia

Ha un peso pari al 15% e ha come scopo quello di verificare che gli obiettivi e i principi di un’impresa in tema di gender equality siano coerenti con la sua visione, le finalità e i valori dell’ambiente di lavoro. Risponde a 7 Kpi: predisposizione di un piano strategico per l’inclusione; procedure atte a permettere a ognuno di esprimersi; attività di sensibilizzazione sull’inclusività; politiche per l’equa rappresentanza in ogni sede; interventi formativi realizzati nell’ultimo biennio sull’inclusione; interventi sulla percezione delle pari opportunità tra i dipendenti nell’ultimo anno; interventi per le pari opportunità al di fuori dell’azienda.

2. Governance

Ha un peso pari al 15% e fa riferimento al modello di governance dell’impresa. Riguarda 5 Kpi che vanno dalla creazione di una realtà interna all’azienda che si occupi della gestione e del monitoraggio delle tematiche riferite all’inclusività, alla parità di genere e all’integrazione, passando per processi di identificazione, indagine e gestione di prassi non inclusive, fino alla destinazione di un budget per attività di inclusione, agli obiettivi (e relativa valutazione) di gender equality per il management e alla presenza di soggetti del sesso meno rappresentato nelle posizioni di vertice, in base alle norme vigenti in materia.

3. Processi Hr

Ha un peso pari al 10% e si focalizza sul ciclo di vita di una risorsa nell’organizzazione e, tenendo conto dei principi di inclusione e diversità, ne prende in esame i principali processi che lo caratterizzano. Risponde a 6 Kpi, riguardanti le risorse umane, ovviamente, chiamate a identificare: processi per la gestione e sviluppo di prassi per favorire l’inclusione, la parità di genere e l’integrazione; meccanismi di analisi del turnover; politiche per favorire l’equa partecipazione alla formazione; politiche di mobilità gender equality oriented; prassi di salvaguardia delle posizioni lavorative e del salario a seguito della maternità; referenti e prassi a difesa del luogo di lavoro, così da scongiurare, per esempio, casi di mobbing o molestie, che possono mettere a rischio l’integrità dell’azienda stessa.

4. Opportunità di crescita e inclusione

Ha un peso pari al 20% e, attraverso 7 Kpi, misura il livello di maturità dell’azienda in merito all’accesso indistinto ai percorsi di carriera e crescita. Fa riferimento alla crescita percentuale di donne rispetto alla dimensione dell’azienda; alla quota di donne con compiti dirigenziali,

5. Equità remunerativa per genere

Ha un peso pari al 20% e, come facile intuire, prende in esame il livello dell’azienda in base all’annosa questione del gender pay gap che deve, ovviamente, essere superato. I Kpi sono 3: percentuale di differenza retributiva per medesimo livello di inquadramento a parità di competenze; percentuale di donne promosse annualmente; percentuale di donne con remunerazione variabile.

6. Tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro

Ha un peso del 20% e, attraverso 5 Kpi, tiene conto delle politiche a supporto della genitorialità e dell’inserimento in azienda di donne con figli in età prescolare. Il riferimento è alla predisposizione di servizi ad hoc per il rientro in azienda dopo la maternità (smart-working, asilo nido aziendale e un piano di walfare dedicato), alla presenza di servizi e policy per conciliare vita privata e lavoro, compresa anche la genitorialità, da sostenere attraverso appositi benefit e iniziative per la tutela della relazione azienda-impiegato durante e dopo la maternità (o paternità). Infine, i Kpi riguardano il rapporto tra il numero di beneficiari uomini effettivi, sul complesso dei beneficiari potenziali dei congedi di paternità nei primi 12 anni di vita del bambino, e il rapporto tra il numero di giorni di congedo di paternità obbligatorio fruiti e il totale di giorni potenziali previsti dalla legge.

I vantaggi della certificazione di gender equity

Stando alla Legge 162:2021, per sensibilizzare le imprese e favorire l’integrazione del Codice di pari opportunità sono previsti due differenti vantaggi. Il primo è un esonero contributivo, in misura non superiore all’1% e nel limite massimo di 50.000 euro annui. Il secondo, permette di ottenere un punteggio premiale per la partecipazione a bandi e fondi europei, nazionali e regionali.

Inoltre, la Legge di Bilancio per il 2022, oltre a prevedere un fondo per il finanziamento della attività di formazione messe in atto per ottenere la certificazione, ha visto stanziare risorse a sostegno delle aziende capaci di agevolare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

kore

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