CSR MAGAZINE
23 Ottobre 2025
Circular Economy Act: l’Europa alla prova della circolarità
La Commissione europea ha avviato un percorso decisivo per il futuro dell’economia circolare: il Circular Economy Act (CEA), una proposta legislativa che mira a rafforzare il mercato delle materie prime seconde, ridurre la dipendenza dalle importazioni e spingere l’Unione verso un modello produttivo più sostenibile e competitivo. Le ambizioni sono alte, ma la vera sfida sarà tradurre questi obiettivi in norme concrete e funzionanti.
Ad oggi il CEA non è ancora in vigore: il 1° agosto 2025 è stata lanciata la consultazione pubblica per raccogliere dati e contributi, mentre l’adozione ufficiale è prevista nel corso del 2026. Un percorso che segna l’urgenza di accelerare, considerando che gli obiettivi europei di circolarità sono ancora lontani.
Infatti, nonostante anni di strategie e piani d’azione, il tasso di utilizzo circolare dei materiali nell’UE resta fermo intorno al 12%, lo stesso livello di dieci anni fa. Tra il 2015 e il 2025 l’uso dei materiali circolari è cresciuto appena dello 0,4%. Un paradosso che rivela la difficoltà strutturale del mercato: i materiali riciclati costano spesso più di quelli vergini, frenando economie di scala e scoraggiando gli investimenti.
Per questo il CEA potrebbe concretamente essere lo strumento principale per sbloccare la situazione.
Tre i pilastri individuati dalla Commissione:
- recupero di materiali critici dai rifiuti elettronici, a partire da smartphone e dispositivi inutilizzati;
- armonizzazione normativa sui sottoprodotti e responsabilità estesa del produttore;
- leve fiscali, come l’ipotesi di esenzione IVA per i beni riciclati, per riequilibrare i costi con le materie prime vergini.
Per centrare l’obiettivo del Clean Industrial Deal (24% entro il 2030) servirebbero investimenti aggiuntivi stimati in 27 miliardi di euro, oggi ostacolati da un mercato unico frammentato, dal basso prezzo delle materie fossili e dalle importazioni a basso costo. Associazioni e aziende chiedono quindi all’Europa di creare condizioni di mercato eque per chi sceglie modelli circolari come riuso, riparazione, ricondizionamento e remanufacturing.
Anche i settori virtuosi rischiano molto. Un esempio lampante ne è il mercato delle lattine in alluminio, che vanta il 90% di raccolta e il 70% di contenuto riciclato ma rischia di essere svuotato dall’export a basso costo verso l’Asia: nel primo trimestre del 2024 oltre 700.000 tonnellate di alluminio europeo sono state esportate fuori dall’UE, minando la filiera circolare locale.
La situazione attuale mostra con chiarezza che non c’è più tempo da perdere. Proprio per questo il Circular Economy Act rappresenta oggi una svolta necessaria: uno strumento capace di tradurre i principi della circolarità in un quadro normativo che incida realmente sui mercati. Ma senza coraggio politico, risorse adeguate e norme più semplici da applicare, rischia di rimanere un progetto ambizioso solo sulla carta. L’Europa ha davanti pochi anni per dimostrare che l’economia circolare può diventare non solo un obiettivo ideale, ma un pilastro concreto di competitività, resilienza e sostenibilità.
