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AI e Cybersecurity: un equilibrio ancora da raggiungere nelle imprese italiane

L’intelligenza artificiale sta trasformando in profondità il tessuto produttivo, aprendo nuove opportunità ma anche nuove vulnerabilità, soprattutto in termini di cybersicurezza. A fronte di una crescente adozione delle tecnologie AI, solo il 20% delle aziende italiane si sente preparato ad affrontare i rischi informatici associati. Ciò è quanto emerge dallo studio “Total Cost of Ownership dell’AI”, realizzato da Ikn Italy in collaborazione con Casaleggio Associati e il supporto di Nomios.
Il report, presentato durante la quinta edizione di GoBeyond, evidenzia come il 76% delle aziende intervistate (120 in totale) ammetta di dover rafforzare le proprie difese digitali per affrontare le sfide poste dall’intelligenza artificiale.
Tra i rischi percepiti spiccano la protezione dei dati personali, la difficoltà nel comprendere e controllare gli output dell’AI, le sfide regolatorie e la gestione dei servizi rivolti ai consumatori. Sono elementi che pongono le imprese davanti a un bivio: cavalcare l’onda dell’innovazione o rimanere intrappolati in modelli insicuri e poco sostenibili.
Secondo gli autori dello studio, per integrare l’AI in modo sicuro e responsabile è fondamentale adottare strategie che bilancino innovazione e gestione dei rischi. L’analisi del Total Cost of Ownership diventa quindi uno strumento cruciale, considerando non solo l’investimento iniziale, ma anche i costi nascosti legati all’evoluzione tecnologica, alla manutenzione e agli adeguamenti futuri.

Un altro nodo critico riguarda la valutazione dei ritorni economici legati all’adozione dell’AI. Oltre il 60% delle aziende non monitora in modo adeguato i benefici ottenuti, nonostante esistano parametri consolidati come la riduzione dei costi, l’aumento dei ricavi o il risparmio di tempo. Solo il 24% delle imprese valuta i benefici sia a livello operativo che finanziario, mentre il 32% non tiene traccia in alcun modo.
Gli esperti consigliano di dotarsi di un piano strutturato per i progetti AI, che includa il potenziamento delle infrastrutture tecnologiche, la formazione continua del personale, una governance solida del rischio e un sistema di monitoraggio efficace.
Per quanto riguarda invece l’impatto dell’AI sui lavoratori, il report evidenzia che le intenzioni del 68% dei Manager intervistati non prevedono cambiamenti rilevanti nella forza lavoro, mentre il 17% ipotizza una riorganizzazione delle mansioni senza effetti sull’occupazione complessiva. Questo dato sottolinea come, almeno nel breve periodo, l’AI non venga percepita come una minaccia al lavoro umano, ma piuttosto come un fattore di trasformazione dei ruoli e delle competenze.
I maggiori ambiti di applicazione della tecnologia AI viene sono l’analisi predittiva e la sicurezza informatica, ma essa può essere consultata anche in numerosi altri ambiti, come per le scienze della vita, per la scoperta di nuovi farmaci, per la diagnostica per immagini e per la gestione dell’assistenza sanitaria.
In un contesto in cui sei aziende italiane su dieci utilizzano già soluzioni AI (dati Aspen Institute), emerge tuttavia un fabbisogno crescente di figure professionali specializzate e di una maggiore integrazione tra i sistemi. Il nodo della formazione si fa quindi sempre più centrale per sostenere una transizione tecnologica inclusiva e resiliente.
Guardando al futuro, uno dei trend più promettenti per il 2025 sarà rappresentato dagli “Agenti AI”: sistemi autonomi in grado di analizzare contesti, pianificare obiettivi e agire sulla base di informazioni interne ed esterne. Queste tecnologie, ancora in fase di sperimentazione, potrebbero rivoluzionare il modo in cui le imprese utilizzano l’intelligenza artificiale, accelerandone l’integrazione nei processi decisionali e strategici.

Secondo il rapporto, il 17% delle imprese italiane prevede investimenti superiori ai 25 milioni di dollari in AI nel corso del 2025, segno di un’accelerazione significativa nella trasformazione digitale.

Si può dunque affermare che l’intelligenza artificiale non è più una tecnologia emergente, bensì una componente strutturale del business del futuro. Per coglierne appieno i benefici, le imprese italiane dovranno superare il gap in termini di sicurezza, competenze e misurazione dei risultati. La sfida è ambiziosa: trasformare l’AI da potenziale vulnerabilità a leva strategica per la sostenibilità, l’efficienza e la competitività.

kore

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