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Europa VS Cina: CSRD VS CSDS

Nel panorama globale della sostenibilità aziendale sta emergendo un confronto sempre più significativo tra due modelli normativi destinati a influenzare profondamente le strategie del business internazionale: da un lato la CSRD europea, dall’altro i più recenti CSDS cinesi. Si tratta di due approcci diversi alla rendicontazione ESG, accomunati da un’idea di fondo ormai condivisa: la trasparenza sui temi ambientali, sociali e di governance non è più opzionale, né un esercizio reputazionale, ma un requisito strutturale del mercato.

La CSRD, in vigore nell’Unione Europea, è il tassello più ambizioso dell’architettura normativa europea per la sostenibilità. Impone alle imprese di grandi dimensioni (e progressivamente anche alle PMI) di rendicontare in modo dettagliato i propri impatti e i rischi ESG, attraverso standard specifici e un principio cardine: la doppia materialità. Le aziende devono quindi descrivere come le loro attività generino impatti concreti sull’ambiente e sulla società e, in aggiunta, come i fattori ambientali e sociali influenzino la loro performance finanziaria. È un cambio di paradigma che spinge le imprese verso una governance più strutturata, una gestione accurata dei dati e un maggiore coinvolgimento della supply chain. Non a caso è considerata una delle normative più ampie in termini di grado di verifica richiesto.

Parallelamente, la Cina ha introdotto i Corporate Sustainability Disclosure Standards (CSDS), una risposta strategica e tutt’altro che marginale all’evoluzione normativa europea. I CSDS segnano l’avvio di una fase in cui la rendicontazione ESG diventa obbligatoria anche nel mercato cinese e non più limitata alle sole aziende quotate o ai grandi gruppi. Il sistema proposto mira a essere compatibile con gli standard internazionali, in particolare con quelli dell’ISSB, ma introduce elementi distintivi che riflettono le priorità del Paese, tra cui una forte enfasi sul ruolo della catena di fornitura e una visione integrata degli impatti lungo tutto il ciclo produttivo.

L’adozione dei CSDS rappresenta un passo di grande rilevanza per le imprese europee che operano in Cina o che hanno fornitori strategici nel Paese. Si prospetta infatti uno scenario in cui la compliance non potrà più essere gestita attraverso un solo quadro normativo: sarà necessario orchestrare processi di raccolta dati e sistemi di reporting capaci di rispondere contemporaneamente alle richieste europee e a quelle cinesi. Ciò significa maggiore complessità, ma anche l’opportunità di armonizzare processi e metriche in un contesto internazionale sempre più interconnesso.

Il confronto tra CSRD e CSDS mette in luce due traiettorie che, pur partendo da presupposti diversi, sembrano muoversi verso principi condivisi.’Europa continua a puntare su un modello altamente regolamentato, orientato alla comparabilità dei dati e alla trasparenza verso gli investitori. La Cina, invece, costruisce un sistema pensato per integrarsi nel proprio modello economico, ma allo stesso tempo compatibile con gli standard globali, con l’obiettivo di rafforzare la credibilità del Paese nei mercati internazionali e garantire un controllo più capillare dell’intera filiera produttiva.

Non va trascurato un elemento politico: mentre in Europa il dibattito sulla sostenibilità ha vissuto, di recente, fasi di rallentamento e revisioni al ribasso con il pacchetto Omnibus – la Cina sembra voler accelerare nell’introduzione di una regolamentazione ESG solida e riconoscibile. È un cambio di ritmo che potrebbe spostare equilibri competitivi e ridefinire le aspettative degli Stakeholder globali.

In questo scenario, le imprese che operano su scala internazionale devono prepararsi a un ambiente dove la rendicontazione ESG non soltanto crescerà come obbligo, ma diventerà un vero strumento di posizionamento strategico. La domanda chiave non sarà più “come adeguarsi alla normativa”, ma “come utilizzare il reporting di sostenibilità per costruire valore, ridurre rischi di filiera e migliorare la trasparenza verso partner e investitori”.

Europa e Cina, con la CSRD e i CSDS, stanno definendo due modelli che, pur diversi, condividono una missione comune: rendere la sostenibilità un fattore misurabile, comparabile e soprattutto integrato nel modo in cui le aziende progettano il proprio futuro. La sfida per le imprese sarà quella di imparare a conoscere e gestire entrambi gli standard, trasformando la complessità normativa in una leva di competitività globale.

Stefano Piovani

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