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Addio alla plastica monouso: la direttiva SUP

Con la direttiva 904/2019, la cosiddetta SUP (Single Use Plastic), l’Europa e l’Italia dicono addio alla plastica monouso. La norma punta a contrastare il problema dell’inquinamento attraverso l’introduzione di obblighi e divieti per la produzione e la vendita di prodotti in plastica. Azzerare l’impatto della plastica sull’ambiente è uno degli obiettivi dell’Unione verso un’economia sempre più circolare e attenta, guidata dai principi del piano per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, Agenda 2030.

Con la SUP, in particolare, si punta a rispondere al Goal 14 dell’Agenda, quello relativo all’annoso problema dell’inquinamento dei mari, letteralmente invasi da rifiuti di origine plastica. Basti pensare che oltre l’80% dei rifiuti presenti in mare è di origine plastica e che circa il 50% deriva da oggetti monouso per comprendere l’importanza della SUP per contrastare il problema alla radice.

Che cosa prevede la SUP

Entrata in vigore in Italia lo scorso 14 gennaio, la direttiva fa riferimento a tutti gli oggetti in plastica, inclusi quelli in platica vegetale o bioplastica, e muove su tre direttrici principali, chiamate a indirizzare il cambiamento, per la riduzione dei rifiuti plastici e la crescita di riciclo e riutilizzo.

La prima di queste misure riguarda la riduzione dell’utilizzo di alcuni specifici oggetti in plastica monouso. Parliamo, in particolare, di tazze per bevande, inclusi i relativi coperchi e tappi, e i contenitori per alimenti per il consumo immediato e il cibo d’asporto.

La seconda misura vieta la produzione e l’immissione sul mercato di prodotti in plastica monouso come agitatori di bevande, posate e bacchette, recipienti in poliestere espanso, cotton fioc, aste per palloncini e oggetti prodotti utilizzando plastiche oxo-degradabili che, come dimostrato da diversi studi, con i loro additivi possono rilasciare nell’ambiente residui chimici dannosi e microparticelle.

Infine, la SUP introduce l’obbligo di marcatura per quei prodotti consentiti e ancora fabbricati (anche solo parzialmente) in plastica monouso. Si tratta di prodotti come le salviettine umidificanti, i tamponi per l’igiene intima, gli assorbenti, ma anche prodotti da tabacco con filtri in plastica, tazze per bevande. La marcatura serve a monitorare il mercato, ma anche a permettere ai consumatori scelte più accorte e consapevoli, rese possibili da un accesso più semplice e immediato a informazioni chiare e precise su che cosa stanno acquistando.

Il ruolo delle aziende nella lotta alla plastica monouso

In questo processo di cambiamento, le aziende sono chiamate a segnare il passo. E non parliamo soltanto di quelle che fondano il loro business sugli oggetti in plastica e che, quindi, devono adattare la propria filiera e i propri prodotti alle nuove direttive, ma anche e soprattutto di tutte quelle realtà imprenditoriali che, nel loro piccolo, sono chiamate a dare il proprio contributo, rispettando e conoscendo le disposizioni della normativa.

La plastica monouso entra, infatti, in azienda in molti più modi di quanto si possa immaginare. Sottoforma di cancelleria, ma anche nelle forme più classiche: bottiglie, bicchieri e cucchiaini da caffè dei distributori automatici. Il cambiamento non può, e non deve, trascurare questi aspetti. Scelte più consapevoli sul tema, accordi e stipulazioni con distributori accorti e che lavorano secondo i dettami della direttiva SUP, sono fondamentali per rendere gli ambienti di lavoro dei luoghi più sostenibili e sempre più plastic free.

Gli obiettivi della SUP

L’obiettivo è spingere sempre più verso un’ottica di economia circolare, ridurre l’utilizzo di plastica e, dove questo non è possibile, avere prodotti monouso in plastica che rispondano a precise norme in tema di marcatura e certificazioni, così da favorire scelte consapevoli dei consumatori e accrescere i livelli di tracciabilità della plastica.

L’UE punta, così, a promuovere l’acquisto e l’utilizzo di prodotti che non contengano plastica monouso e, al contempo, possano essere riutilizzati o realizzati con materiali biodegradabili e compostabili, ma sempre e comunque certificati secondo gli standard espressi dalla direttiva UNI EN 13432 o UNI EN 14995. Tutto ciò che, invece, non può essere prodotto in materiali biodegradabili, troverà nuova vita attraverso il riuso, la sanificazione e la restituzione, in un’ottica di economia sempre più share oriented.

kore

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